sabato 21 luglio 2012

SEMPRE BOLLICINE ......

Quale miglior bottiglia per festeggiare, si fa per dire, la fine di un lungo periodo di assopimento di Aepicurus se non un Nec Plus Ultra 1996 di Bruno Paillard ?
Negli anni si sono logorati gli aggettivi che si usano per descrivere un vino, ma in attesa che la lingua italiana generi nuovi vocaboli mi vedo costretto a riproporre antiche parole.

Bisogna riconoscere che il nome "Nec Plus Ultra" può dare un po' fastidio, poiché adombra una certa supponenza, che purtroppo è una malattia diffusa che colpisce chi fa vino.
Ma in questo caso si deve ammettere che la citazione latina calza a pennello.

Raramente ho assaggiato uno Champagne così complesso ed esaustivo, talmente perfetto da lasciare senza parole, sia per i motivi sopra riportati sia perché le sensazioni s'accavallano con tale velocità ed irruenza che risulta arduo fissarle ad una ad una.

Solo i Grand Cru di Bouzy, Verzenay, Oger e Le Mesnil sur Oger concorrono alla costruzione di questo NPU 1996, prodotto, come è ovvio, solo in certe annate: la prima volta toccò a quella del 1990, poi a quelle  del 1995 e 1996.
La fermentazione dei mosti avviene in barriques per nove mesi, durante i quali il vino s'arricchisce di profumi leggeri di legno e raggiunge complessità esaltanti ma discrete; nel luglio 1997 è stato compiuto l'assemblaggio, scegliendo le migliori ventidue botti, unendo Chardonnay e Pinot Noir in parti uguali, riempiendo solo 6523 bottiglie, che hanno riposato sui lieviti per dodici anni.
Dopo la sboccatura, con un'idea di liqueur, avvenuta nel gennaio 2009, le bottiglie sono state fatte di nuovo riposare per altri due anni in cantina prima di essere messe in vendita.

Lo versi, a temperatura di cantina fresca, in un calice adatto e ti colpisce il colore oro; poi, accosti, con un certo timore reverenziale, il naso ed inizi un viaggio, che ti porta lontano.
Sottile,quasi evanescente all'apparenza, etereo e perciò sorprendente; poi, all'improvviso, arrivano ondate di citazioni eleganti di fine pasticceria, frutte esotiche giustamente mature, legni tropicali suadenti; cerchi di selezionare i profumi e t'accorgi che fanno capolino i frutti rossi del sottobosco, che fanno da guarnizione ad una créme brulée di squisita fattura.

Potresti continuare affascinato, ma il desiderio, quasi necessità, dell'assaggio ha il sopravvento: secco, tagliente all'inizio, s'ammorbidisce man mano che la bocca si riempie e scopri l'altra faccia della Luna; morbido, cremoso, di raro equilibrio, fresco e a lungo persistente: i ricordi citrini si stemperano nelle note vellutate del legno delicato, che qui contribuisce al corpo senza quasi farsi percepire.
La soavità di un grande Chardonnay si fonde con la severa presenza di un Pinot Noir grandioso, che sottolinea la vinosità.

Sì, ti rendi conto che stai godendo di un vino, che, mi si perdoni, casualmente possiede delle bollicine, talmente l'anidride carbonica è fusa e discreta.
E tutto ciò, ed altro ancora, in un vino giovane, un adolescente di 15 anni!
Esprimere un voto è quasi un'offesa, ma difficilmente può valere meno di 98/100.

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